Quando metti insieme una realtà come Fondazione Kenta, che gestisce lo spazio della Fabbrica Sassetti rimasto con le sue caratteristiche anni ’30, quattro artisti, un curatore e la volontà di mettere tutto in comunicazione per contrastare la povertà educativa, ne scaturisce una mostra dal titolo “Spazio, Forma, Concetto”, con opere di Federico De Leonardis, Sergio Limonta, Filippo Manzini e Hidetoshi Nagasawa.
La Fondazione Kenta, gestita da Marco e Giorgio Alverà, in memoria di Kenta Alverà, scrittrice, storica dell’arte e attivista per i diritti delle donne, lancia la nuova stagione con l’esposizione curata da Giorgio Verzotti, il contributo di Isorropia Homegallery ed un nuovo restyling.
La mostra, visitabile fino 5 dicembre 2020, è nata vedendo lo spazio espositivo: è lo spazio che ha dato forma all’espressività artistica.
Un luogo che porta con sé la memoria della sua origine, quello di una distesa industriale in cui si lavorava, una fabbrica per filati di lana.
Viene portato in luce il suo passato dandogli una connotazione completamente diversa, dialogando con esso, senza sconvolgerlo. Un’area polifunzionale, Kenta, a disposizione della comunità; luogo di aggregazione per promuovere arte, musica e cultura in generale.
Un’esposizione voluta prima di tutto dagli artisti: Federico De Leonardis, Sergio Limonta, Filippo Manzini e l’omaggio del maestro scomparso Hidetoshi Nagasawa, con un’opera pesante a terra in cui viene tematizzato lo spazio.
Come preannuncia il titolo della mostra, dalle forme nascono i concetti, che allo stesso modo sono scaturiti da ragionamenti e a volte anche da calcoli matematici.
Una mostra voluta appositamente per valorizzare in prima istanza lo spazio espositivo, e non è un caso che le opere d’arte siano quasi mimetizzate negli affascinanti spazi della ex Fabbrica.
I quattro artisti lavorano in relazione con lo spazio, indagando l’oggetto scultoreo o la disseminazione di elementi, come fa Federico De Leonardis con una serie di guanti da lavori recuperati, in un progetto della metà degli anni ’90, o la rappresentazione di una struttura lineare, come quella concepita da Sergio Limonta o gli spazi disegnati da strutture “in bilico” di Manzini.
Tra le opere selezionate di Nagasawa vi è una barca che si arrampica sui muri dello stabile, la ferma volontà di realizzare una scultura senza peso, il gioco dei contrapposti.
Il risultato è un discorso effettivo tra l’opera e lo spazio, dove il lavoro muta con il mutare delle condizioni esterne, di luce e tempo, aprendosi completamente alla struttura che la ospita.
Una sfida vera e propria in questo momento storico che stiamo vivendo, per non dimenticare il nostro passato, vivere il presente e riflettere sul futuro che ancora non conosciamo.